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sabato 4 maggio 2013

Men at work

Sono fuori a passeggiare con la mia bimba in un pomeriggio di maggio che è già estate.
Nell'aria l'ulivo in fiore, la zagara profumata e l'odore delle more che crescono nella spalliera della campagna di mio padre. Poesia dell'olfatto, aspro e dolce, pungente e soave. È la terra dei contrari, una bellezza che si nutre dei suoi eccessi, niente mezzi termini, a noi piace esagerare, o troppo o niente, nessuna diplomazia, figuriamoci!
Il caldo è fuoco d'aria e di campagne che bruciano. Il vento, il vento batte le strade impolverandole della sabbia del deserto, sbatte le porte, ti spettina, è vastaso, irriverente, schiaffeggia la signora ingioiellata e il villano con la faccia bruciata dal sole.
Passeggio, continuo a passeggiare e mi arrivano chiare le voci degli operai che si urlano tra un palo e l'altro del telefono, dopo che per l'ennesima volta dei delinquenti e miserabili hanno tagliato i fili per rubarne il rame. E mentre lavorano, tra le battutacce e gli insulti, parte anche il motivo della pubblicità della compagnia per cui lavorano... avete presente? eccola
Fa sorridere, almeno un po' mi dico, mentre continuo a spingere il passeggino.
Fanno a gara queste due squadre, quella dei ladri e quella degli operai, una staffetta. Dove finiscono gli uni iniziano gli altri... Il lavoro di Sisifo, sempre a spingere quella cazzodipietra su per il monte per poi vederla rotolare giù  .
È la crisi, dicono. Ma la crisi non può giustificare chi ruba, chi si approfitta, chi specula, chi, per restare a galla spinge giù la testa di un altro. La crisi non è soltanto di chi non lavora, è anche di chi lavora e sopporta condizioni umilianti, la mancanza di diritti, perché l'importante è andare avanti, come non è dato sapere. È di chi lavora e subisce i disservizi per colpa di chi si ostina a rubare, a vivere sulle spalle degli altri, è di chi paga, di chi ha sempre pagato, per tutti. La crisi vince quando pensi che non valga più la pena di vivere onestamente, quando inizi a invidiare chi si può permettere di non pagare, di restare impunito, di saltare la fila e ridere degli altri.
È questo che penso, intanto rientro, la bimba già dorme, e mi metto a scrivere, perché è il mio modo di leggere la realtà, di raccontarmela.

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