Avete presente i numeri periodici? Quei numeri decimali che si ripetono all'infinito... Io ne ho una vaga idea, ricordi annebbiati, e annoiati, degli anni di scuola... per fortuna, nella mia vita non mi è mai servito ricordare di più o più approfonditamente (matematicamente parlando s'intende) altrimenti ci sarei andata fregata! Ho trattenuto solo quello che mi serviva... tipo calcolare la percentuale di sconto (utile per lo shopping!) o fare due conti, giusto per accertarmi che mi dessero il resto esatto! L'onestà di restituire l'eccesso, grazie a Dio, non c'entra con la matematica!
Perché mi sia tornata in mente la storia del numero periodico l'avrete capito, mia figlia ha scoperto il no e ora lo dice di continuo, persino mentre dorme (arrrgh!!!).
All'inizio era uno spasso, abbiamo scoperto le varie declinazioni del no... la doppia negazione: "NONO!" perentorio e accompagnato dal gesto deciso del ditino davanti la faccia, il "no" semplice, secco e di grande effetto, fino al più vezzoso "GNO!" detto col nasino arricciato e mezzo sorriso. Presto è diventato un delirio di NONONONONONO... - Amore lo dai un bacio alla mamma? - NO!, -Dai vieni, andiamo fare una passeggiata... -No, mentre con le mani batte già sulla porta d'ingresso per uscire.
L'altra mattina mi sono svegliata al suono dei suoi no, non stava rispondendo a nessuna domanda, mi sono accorta che stava semplicemente ripassando il suo repertorio!
Niente paura mi dico, l'avevo già letto che è una fase normale, anzi imprescindibile della crescita, della conquista dell'autonomia del bambino (un bell'articolo lo trovate qui, insieme a tanti spunti di riflessione e testimonianze di alcune mamme).
Sdrammatizzo, le faccio un po' il verso, la faccio ridere con le battaglie no/sìNO/sì/Gno/Sìno/SSSSììììì... e cerco di arrricchire le possibilità di replica con l'OK, accompagnato dal gesto della mano, risultato: il suo sì è un raggio di sole che mi illumina la vita, raro (ancora) ma prezioso.
La matematica non sarà un'opinione, ma secondo me questo no è solo un periodo, passerà!
è la stanza dei nostri segreti, un lettone a due piazze e mezzo, un cassetto di vecchie lettere, con doppio fondo ma senza chiave... è lo scaffale con i libri più belli, le parole non dette, i viaggi da fare, la lista dei sogni (im)possibili e i buoni propositi.
giovedì 27 giugno 2013
martedì 25 giugno 2013
Io allatto alla luce del sole
Una campagna a sostegno dell'allattamento materno mi fa lo stesso effetto di un cartello in un campo con su scritto "Non gettare rifiuti".
Non servirebbe se ci fosse più rispetto, una sensibilità "buona", per le cose giuste, belle, per la natura. Eppure serve, perché spesso subiamo il fascino nefasto delle mode contro natura. Siamo assuefatti all'artificio, alla bellezza ingannevole, senza età, senza peso, a un'umanità senza anima, senza odori, senza umori. Solo belli, puliti e profumati.
Sembra che contrastare la natura, il suo incedere su di noi, sia diventato un dovere morale, un atto dovuto di rispetto verso il prossimo. In tutto questo ben pensare non abbiamo lasciato un po' di spazio per l'amore, quello vero, che ti scompiglia la vita, che ti fa andare controvento, ti spettina e ti fa piangere gli occhi. Non abbiamo lasciato spazio per i nostri bambini, almeno fino a quando non li avremo addestrati per bene a non farci fare troppe brutte figure. Perché noi odiamo le brutte figure.
E non c'è spazio per una mamma e il suo bambino, perché c'è sempre qualcuno che si vuole mettere in mezzo e dire come fare. Perché i bambini sono sempre troppo piccoli o troppo grandi, sono sempre troppo bambini. E non hanno diritto a un bel niente.
Allattare per una mamma è un modo per riprendersi i suoi spazi, il suo tempo, il suo bambino. Per dirgli io ci sono, io sono qui con te (grazie, Elena Balsamo) nonostante tutto.
Per me è stato un modo per ritrovarmi, per raccontarti, per confortarci. Il seno per te un gioco, una nenia, una culla dolce. Benedico il latte che ci ha nutrito d'amore, bambina mia, che ci scalda i cuori quando fuori fa freddo e ti rinfresca e ti disseta quando è caldo, che ti consola se sei triste, con cui parli agitata quando sei arrabbiata.
Non è sempre stato facile, e a volte sono stata stanca, arrabbiata e mi sono fatta mille domande, ma sono felice di avere sempre concluso che ne valesse la pena.
Sono felice di averti dato qualcosa che non ha prezzo, ma un valore infinito.
Questo post partecipa a Io allatto alla luce del sole 4
mercoledì 12 giugno 2013
I libri sono come i baci
Se pensate che
la vita sia troppo breve per rileggere libri già letti, per rivedere film già
visti, visitare posti che si conoscono già, credete che rinuncereste a un bacio
dal vero amore solo perché lo avete già avuto? All’emozione di un tramonto,
solo perché lo avete visto altre volte? A una giornata al mare, perché insomma,
è sempre lo stesso mare?
Non esiste bacio
che sia uguale a un altro, il tramonto ti lascerà dentro qualcosa di diverso
ogni volta che troverai il tempo di guardarne uno, e il mare, il mare non si
ferma mai!
Così in questi
giorni ho sentito un richiamo e non ho saputo rifiutare… “Il dio delle piccole
cose” è sceso dalla mensola della libreria in cui dormiva insieme agli altri
compagni ed è di nuovo fra le mie mani. È il vero amore, ma non è più il primo
bacio, non il primo appuntamento, nessuna esitazione o timidezza, ci si conosce
bene. Non pensate che sia meno romantico, è solo più appassionato, ci si
sfoglia più in fretta per riabbracciarsi, per ricordarsi, e sì. Che lo ricordo!
Ricordo la
sensazione di vertigine che provai quando iniziai a leggerlo, una forza che mi
trascinava dentro e giù, in fondo e io mi opposi, tirando su la testa come per
non annegare. Quando fui in mezzo al fiume, là dove l’acqua si fa più profonda
e la corrente più forte, lo incontrai davvero e mi consegnò la chiave del suo
cuore. Mi venne voglia già allora di ricominciare daccapo!
Scrivendo, Arundhati
Roy ha creato come dei cerchi concentrici. Li ha creati con delle piccole cose,
raccontate poco alla volta o tutte insieme, il dio delle piccole cose, delle
piccole vite, delle piccole storie che insieme raccontano la Storia, il Mondo,
la Vita. Storie di piccoli uomini, sullo sfondo della grande Storia, di un
paese complicato e duro come l’India, tormentato e diviso tra la rivoluzione
marxista e i rigidi pregiudizi di casta. Storie di amori sbagliati e di una
bellezza struggente, che non trovano posto o perdono nell’ottusa legge
dell’uomo, ma che sono là per chi ha ancora bellezza negli occhi per riuscire a
vederle. In fondo ho sempre creduto che è là, dove la vita è più aspra e dura, che Dio sembra aver
nascosto gran parte della sua bellezza, una bellezza che non a tutti è dato di
vedere. Per chi non la vede, l’unica strada possibile è quella di distruggerla,
cancellarla, per negarla, al mondo. Perché chi non la vede la teme, ne ha paura
come di un’epidemia… “una paura rozza e inconfessata: la paura della civiltà di
fronte alla natura, dell’uomo di fronte alla donna, del potere di fronte
all’impotenza. L’impulso subliminale che l’uomo ha di distruggere quello che
non può sottomettere né divinizzare”.
L’andamento
della narrazione non segue un ordine cronologico, vediamo attraverso gli occhi
di due gemelli dizigotici, una visione imparziale, pura, di due anime che si
conoscevano ancora prima che la vita cominciasse. Il linguaggio è fortemente
evocativo, le parole diventano cose, colori, odori che arrivano veri. Con la
lingua si gioca, spesso i gemelli leggono parole al contrario, storpiano nomi, si
fanno carezze…
L’ultimo
capitolo racconta dell’incontro, dell’amore, un racconto appassionato e
fortemente sensuale, è come se l’autrice volesse lasciarci così, dopo la
perdita, la morte. Nonostante le cose orribili che sono successe, l’amore, la
speranza di quella piccola promessa: Naaley. Domani.
Perché l’amore spera, contro ogni
legge, contro ogni predizione, l’amore è lasciarsi e dirsi domani.
Ci
sono cose che migliorano con il tempo e l’esercizio, ci vuole passione, certo…
tra questi ci sono i baci e i libri.
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