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giovedì 28 luglio 2016

Per chi suona la campana della Siria



 
I morti della Siria non li piange nessuno.

Se li piangano loro.

Sono bambini, donne e uomini, giovani e anziani. Sono figli, figlie, madri e padri, l’amore di qualcuno, la casa, le braccia di qualcuno che senza avrà freddo, avrà paura. Senza sarà buio tutta la vita.

Nessun lenzuolo sopra i morti siriani. Lì la morte è cruda, è nuda. Ma non ci fa paura perché è lontana. Un battito di ciglia mentre ci giriamo dall’altra parte, perché quei morti, ci diciamo, non sono i nostri. E non ci somigliano.

Io oggi li ho visti, erano due bambini e un padre che gridava piangendo il suo dolore e non ho potuto fare a meno di vedere quanto fossero nostri quei bambini con le mani piccole come i nostri, i riccioli che quando correvano dovevano danzare sulle spalle a illuminare gli occhi, il corpicino che lo stringi tutto con un braccio. E gli occhi. Gli occhi chiusi come se dormissero.

E il dolore di quell’uomo è diventato il mio. La sua perdita quella dell’umanità intera. Perché i bambini no Signore, che siano a Nizza o a Manbij, i bambini sono di tutti. Sono loro il patrimonio dell’umanità, città fantastiche, opere d’arte in divenire, perché quando li mettiamo al mondo lo facciamo perché vedano la luce, perché vivano, perché amino a siano amati e abbiamo il dovere di proteggerli e renderli felici. Quando li piangiamo invece abbiamo fallito.

Noi abbiamo fallito.

È questo che piangeva quell’uomo. Il suo fallimento. Il fallimento dell’umanità che divora se stessa.

Mi vengono in mente in ordine sparso le parole di una poesia che ha innamorato anche Hemingway. E pensare che nel tema della maturità l’ho scritta tutta d’un fiato, la sapevo a memoria, anzi col cuore. Le ricordavo tutte quelle parole e avevano una musica che riconoscevo, come le parole di una canzone che ami e che ogni tanto ti canti dentro, e oggi le ho dovute cercare, perché ho lo smartphone sempre connesso e l’illusione di poter sapere tutto quando voglio. E così abbiamo il wifi sempre acceso e il cuore spento.

 

Nessun uomo è un’Isola
intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte della Terra.
Se una Zolla viene portata via dall'onda del Mare,
la Terra ne è diminuita,
come se un Promontorio fosse stato al suo posto,
o una Magione amica o la tua stessa Casa.
Ogni morte d'uomo mi diminuisce,
perché io partecipo all'Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te.

John Donne